QUANDO IL NERO NON ANNERISCE

Nel 1985, quando abbiamo avviato il nostro ristorante, il menu era molto tradizionale, tranne per alcuni dolci che ho introdotto. Quando dico “tradizionale” intendo con i piatti tipici serviti nei ristoranti dell’isola: spaghetti alle vongole, risotto ai frutti di mare, pesce spada alla griglia, frittura di calamari e gamberi e tanti altri.

Il sugo al nero di seppia – fatto con le seppie e con il suo stesso inchiostro – veniva servito su pennette, eventualmente spolverate con del pecorino romano. È un piatto delizioso dal sapore dolce-marino che prende un “kick” dalla piccantezza di quel formaggio. La gente lo apprezza, ma ha un grosso inconveniente: man mano che vengono mangiati, labbra, denti, lingua diventano neri e rimangono neri per un po’. Inoltre c’è il rischio di macchiare i vestiti, il che non è piacevole soprattutto per le signore con i loro eleganti abiti da sera.

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Fin dall’inizio avevo iniziato a fare la pasta fresca di notte, dopotutto l’ospite se n’era andato e la cucina era pulita: semplici tagliatelle e ravioli con spinaci e ricotta, entrambi appartenenti alla più profonda tradizione toscana.

Ben presto – mi annoia il ripetitivo – la pasta fresca ha cominciato a prendere colore dalle verdure e i ripieni dei ravioli sono stati realizzati con le più svariate combinazioni di ingredienti.

Una notte – l’orario abituale era intorno all’1,30-2:00, subito dopo aver chiamato il pescivendolo per chiedere cosa si vendeva all’asta del pesce – mi è venuta una “idea nera”. Oltre a orate, cozze, gamberi e tanti altri frutti di mare, ho ordinato una quantità maggiore di seppie. Il giorno dopo ne avrei avuto abbastanza per l’antipasto di seppie e carciofi in crosta di pane e per la nuova “idea nera”

La mattina dopo, pulendo il pesce, ho lasciato da parte alcune sacche di inchiostro. Quella notte ho impastato una pasta con l’inchiostro nero. La consistenza era più gelatinosa, più dura della normale pasta. L’ho steso e tagliato finemente. Poi l’ ho congelato in monoporzione.

Il secondo giorno dopo, ho usato delle seppie per fare un semplice sugo con aglio, prezzemolo, olio extravergine di oliva e vino bianco. Di notte usavo i sacchetti di inchiostro per la pasta. Lo stesso giorno nel menù – che cambiavamo e scrivevamo ogni singolo giorno – compaiono i “Tagliolini neri con salsa di seppia bianca”.

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La vera sorpresa è stata il feedback dei primi clienti che hanno osato ordinare qualcosa che non avevano mai visto prima: il nero della pasta non ha lasciato bocca e denti neri!

I Tagliolini Neri sono stati uno dei piatti di maggior successo del ristorante Le Tamerici, a Castello, Isola del Giglio, Toscana, che abbiamo gestito per 12 anni.

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