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TV, giornali, internet: la cucina è ovunque.

Eppure le persone – si può anche indagare sulle ragioni, che sono molteplici e di varia natura- retaggio, rifiuto del tradizionale ruolo femminile, vita stressante, mancanza di tempo, poca fiducia nelle proprie capacità  – cucinano sempre meno e, soprattutto, non si sentono sicure in cucina.

Basta andare al supermercato per accorgersene: se si sono persone sempre più interessate all’etichetta  e controllano bene quello che introdurranno nel loro stomaco, ce ne sono d’altro canto sempre di più che riempiono il carrello di precotti e cibi pronti di vario genere.

Insomma, più se ne parla, meno si fa.

Un po’ quello che è successo al sesso: era un tema dibattuto negli anni 80. Di questo sesso, così sdoganato e di cui si riempivano giornali e TV, si parlava tanto e se ne faceva poco. Oggi non se ne parla neanche più.

Allora, qual è adesso il compito delle scuole di cucina? ovviamente no insegnare a fare sesso, sebbene la cucina possa essere talvolta  afrodisiaca…

Più che di insegnare tecniche e ingredienti, che alla fine ci sono anche venuti a noia, la scuola adesso ha il compito di “rilassare”.

Finito il tempo della gerarchia autoritaria delle brigate di cucina, finito il tempo dello chef intimidatorio che urla e rovescia le pentole. La cucina che si deve insegnare è “femminile”:

 pulita, organizzata, metodica, ordinata, collaborativa, coordinata, precisa e al tempo stesso veloce e calma.

Questo la scuola deve insegnare.

A capire che “mezzanotte arriva comunque” e in genere nel ristorante nessuno muore per un ritardo, un anticipo o un taglio sbagliato di una zucchina.

La cucina è coordinazione: coordinazione dei propri movimenti e coordinazione con il lavoro degli altri.

Richiede calma, quasi una sorta di meditazione.

Marcella Ansaldo

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