IL PROFUMO DEL MESTOLO SELVATICO

Pellegrino si è dato alla falegnameria. Diciamo che è stato il lock down ma io credo che anche se  non fosse venuta la pandemia a darci il tempo di fare le cose lasciate indietro, Pellegrino avrebbe cominciato a fare il falegname ugualmente. L’occasione è stata  il regalo da parte di un suo amico legnaiolo: grosse tavole di castagno vecchie di trent’anni. Ci ha fatto grossi tavoli fratini – taluni anche del peso di diversi quintali, da trasportare con la gru o da costruire direttamente in loco. Come questi.

Da lì la passione per i diversi legni e il loro utilizzo: acacia, ulivo, faggio.

Tagliere “finto rustico” di olivo. Questo è per me .. ah ah

E il pero selvatico.

Ovviamente non  sono stati staccati rami “vivi” – che continueranno a darci le perine alla fine di ogni estate ancora per anni. Ce n’erano alcuni rami abbattuti per terra. Forse un fulmine o una tempesta di vento.

Cosa fare con dei rami così piccoli, di legno flessibile, resistente e …selvatico?          

Mestoli da cucina, di tutte le forge e dimensioni.

Indicati soprattutto per girare sughi di selvaggina, come quello che oggi Giorgio e Pellegrino – cuochi di un certo “spessore”, superando entrambi il quintale abbondante di peso –  stanno preparando.  22 ( ventidue) chili di carne selezionata di cinghiale per un ragù superbo da conservare nei vasetti sottovuoto.

Eccoci al dunque: vuoi mettere il tocco che gli darà il mestolo selvatico sopra la stufa a legna?

Eccoci arrivati  quasi alla fine.

Faccia da gaudente goloso

Siccome  non si possono mangiare  tre pentoloni di ragù tutte in una volta, allora sarà meglio conservarlo nei vasetti di vetro.

Post scritto da Marcella Ansaldo in collaborazione con Giorgio Rosano e Pellegrino Lombardi

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