LE COLLINE DELLA RICOTTA

È ricominciato il freddo ed è ricominciata la produzione della ricotta.

Come questa qua non ce n’è.

Siamo sulle colline senesi, le “Crete”. Il paesino si chiama Torre a Castello ed è una frazione di Asciano. Siamo in cima. Sotto c’è  un mare ondulato di poggi dolci . Poche case lungo la via. Il caseificio bisogna intuirlo. Quando arrivi non si vede altro: poche case sul bordo sinistro della strada, che finisce con una curva a destra; non ci sono neanche persone. Almeno non se ne vedono in giro, su questo tratto di strada che è diventato un paesello.

Devi saperlo.

Parcheggiata l’auto, attraversiamo la via, suoniamo il campanello e aspettiamo.

Come la “Lumaca” nella serie TV “Pinocchio” di Comencini di una quarantina di anni fa, la signora si fa attendere prima di affacciarsi alla finestra. Lo sapevamo. Veniamo spesso qui. Si affaccia, ci chiede se vogliamo il formaggio e ci dice che scende da casa tra cinque minuti. Sappiamo anche che non saranno cinque minuti. Casa e bottega, tutto lì.

Mi piace davvero attendere lì, davanti al mare verde, specialmente quando il grano è spuntato e le spighe si muovono. Quasi mi viene il mal di mare. E intanto immagino la signora che scende giù dalle scale lentamente, proprio come la Lumaca della Fata Turchina.

Eccola, ha una chiave, apre il portoncino di legno sotto la sua finestra. Ci apre al Paradiso del Formaggio.

Qui sulle colline senesi, come anche  nella Val d’ Orcia, su queste argille,  crescono le erbe spontanee più buone del mondo. Ci cresce anche l’assenzio. Non ci viene altro su queste zolle, dice Pellegrino. Non ci si può coltivare altro. Certamente no la vigna e nemmeno gli olivi.  Terra da pascolo, che ha fatto scappare i contadini che ci erano nati e ha attratto pastori sardi dalla vocazione forte e duratura. Però le pecore ci vivono felici e ben pasciute e il loro latte dà formaggi incredibili. I pastori hanno saputo far fruttare al meglio queste terre difficili, senza alcun danno per l’ambiente. Oggi, con i trattori a disposizione, vi si coltiva grano, anzi, vi si coltivano grani, quelli coi semi originali, mai modificati.

Per i formaggi ci vuole un libro intero quindi non starò oggi a  parlarne. Oggi scriverò solo un po’ della ricotta.

A dire il vero anche un post sul blog mi sembra riduttivo per questa delizia. Va assaporata per capirla.

Conoscete la ricotta? Ecco, scordatevela. Questa non ha niente a che vedere con le migliori ricotte che avete assaggiato finora. Acquosa, gelatinosa, bianca, dolce.

Affondi il cucchiaio nella forma ancora all’interno del suo cestello e l’assaggi. Poi non smetti più. Un cucchiaio tira l’altro, come le ciliegie. È leggera, fresca, delicata. Eppure non è neanche fatta col latte. Già, perché la ricotta è un prodotto si scarto: si ottiene dal siero, cioè da ciò che rimane dopo che la caseina si è coagulata e il “futuro” formaggio (la cagliata) viene estratto dal liquido e scolato. La ricotta è un prodotto caseario che non può essere definito “formaggio”.

Quando è appena fatta, ancora calda…così piacevole e sensuale, va giù liscia e vellutata.

Se avete a disposizione una buona farina di castagne, col castagnaccio è “la sua morte”. Se poi volete fare dei ravioli maremmani, saranno i più deliziosi del mondo. ma anche un budino, da accompagnare a mele caramellate. La ricotta, specialmente questa, è buona con tutto.

Avere buoni prodotti sulla tavola e in frigo si può. In Italia è anche abbastanza facile. Basta uscire da qualunque città e, anziché passare la domenica nei centri commerciali, passarla all’aria aperta.

C’è così tanto là fuori… anche dove sembra che non ci sia niente.

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