Non è esattamente la più semplice da fare.
Innanzitutto ci vuole materia prima e , se non siete in Sicilia, in Sardegna o all’ Isola del Giglio, anche se la stagione, fine estate, è quella giusta, sono poche le città Italiane nei cui mercati si torva questo frutto. Io me li vado a cogliere. Per farlo ci vuole non solo una lunga canna munita di un gancio o un tubo per arrivare a quelli in alto senza avvicinarsi troppo alla pianta, ma anche un abbigliamento più che consono, Sì, perché la pianta è dispettosa: le piccole spine volano e si infilano ovunque. Lì per lì non ve ne accorgete, ma dopo un poco, sentirete la pelle di tutto il corpo pungere da spine invisibili.
Superato il momento del raccolto avventuroso, anche la confettura in se’ presenta qualche difficoltà.
Innanzitutto le piccole spine raggruppate in pallini sulla superficie del frutto. Ragione per cui bisogna tenerli a mollo in acqua fredda – come si vede nella foto di copertina – per almeno un giorno intero. In questo modo, sempre indossando i guanti e con l’aiuto di un coltello, la pellicina sottile può essere tirata via.

Noterete, tagliandoli, che all’interno la polpa è molle, gelatinosa e piena di semi. Questo cuore interno è rivestito da un altro strato di polpa.
La seconda operazione è, sempre con l’aiuto del coltellino, staccare la polpa esterna

Lo strato di polpa sotto la pellicina spinosa
La polpa esterna che vedete nella foto, va tagliata a striscioline o cubetti e tenuta separata dalla polpa interna.

La polpa interna con i semi va pesata. Io ne avevo circa un chilo. Calcoliamo un quarto del suo peso in zucchero ( per me 250 gr). La polpa interna si taglia a grossi pezzi e si fa cuocere con lo zucchero. Non si porta a fine cottura. Quando lo zucchero è sciolto e la consistenza ancora liquida., va passata al passaverdura per eliminarne i semi.
Nel frattempo anche la polpa esterna deve essere cotta con la stessa percentuale di zucchero ( io ne avevo circa 250 gr quindi ho messo 80 di zucchero)

Le due preparazioni vanno mescolate e poi portate a fine cottura. Non superate i 110° c, per evitare la cristallizzazione dello zucchero. A fine cottura la confettura dovrebbe essere tra i 105 e i 108°.
Se optate per cuocere tutto il frutto nella stessa pentola, sappiate che è una falsa scorciatoia, perché sarebbe molto difficile passarla al passaverdura.

In questo modo risulta più veloce per la consistenza finale sarà ottimale: gelatinosa con qualche pezzetto da mordere.
La confettura ha un sapore particolare, quasi esotico. Si sposa perfettamente con i biscottini alla mandorla. Era uno dei dessert più gettonati nel mio ristorante Le Tamerici dell’Isola del Giglio. Chissà se qualcuno che mi legge se ne ricorda… La ricetta nel prossimo articolo.



